Good Night, Venezia

Venezia appoggiata sul mare


Nel 1981 Guccini cantava “Venezia che muore, Venezia appoggiata sul mare, la dolce ossessione degli ultimi suoi giorni tristi, Venezia la vende ai turisti…”
Guardiamo bene la data: 1981.
Nantas Salvalaggio nel 1974 scriveva “Il campiello sommerso” leggero e ironico romanzo sullo sfacelo sociale e ambientale di Venezia.
Tutti profeti e veggenti? No, semplici persone di buon senso che avevano radiografato una situazione in atto che preannunciava la sciagura imminente.
L’esodo dei Veneziani prende corpo attorno agli anni ’70 e si incrementa via via sempre più, perché?

Facile a dirsi, le ragioni sono tante.
Prima di tutto il turismo forsennato auspicato e voluto dalle giunte di ogni colore e dalle lobby economiche che le hanno sostenute.

Poi i mezzi di trasporto assolutamente inadeguati alle esigenze di una città dove oltre a svariati milioni di turisti si muovono anche decine di migliaia di residenti.
Quindi i prezzi delle case, delle ristrutturazioni e della vita in generale, superiore del 50% almeno rispetto alla terraferma.

Anche la questione sanità non è di poco conto. Pensare che un anziano per un ciclo di terapie o per visite ed esami debba muoversi dal centro storico di Venezia e arrivare fino all’Ospedale all’Angelo di Zelarino è follia. Deve prendere prima un vaporetto strapieno di turisti e fare un viaggio da sardina fino a Piazzale Roma e poi prendere l’autobus che lo porta a destinazione. Se tutto va bene ci impiega dall’ora all’ora e mezza per andare e altrettanto per tornare. Pensare di usare mezzi privati non è realistico visto che tra taxi acqueo e auto spenderebbe la pensione di un mese…
Ultimo, ma non meno importante, la mancanza di lavoro per chi non ha altre ambizioni che fare il gondoliere, il cameriere o la guida turistica.

Venezia è destinata a diventare come Pompei? Certo che sì, impossibile ormai fermare il dissanguamento dei residenti. Basta pensare alla loro età anagrafica e ci si rende conto che nel giro di un ventennio la popolazione sarà come minimo dimezzata per motivi naturali.
Riportare nuova gente a Venezia? A che pro, mi domando.
Mi fanno sorridere le associazioni vecchie e nuove a difesa di Venezia che propongono come primo punto case a prezzi più accessibili. Le case sono importanti, ma senza il lavoro sono totalmente inutili. E perché mai qualcuno dovrebbe venire ad abitare a Venezia se poi lavora oltre il Ponte della Libertà? Per passare tre ore al giorno su mezzi di trasporto da incubo? La residenza a Venezia ormai ha senso solo per chi lavora a Venezia.

E che lavoro offre o può offrire? Nulla se non l’indotto turistico e artigianale.
Bene, facciamo però un po’ di conti. Per ripopolare Venezia servirebbero almeno dalle 50 alle 60 mila persone, possibilmente giovani. Ottimo. Quanti ne possono assorbire il settore turistico alberghiero e l’artigianato?

Non a sufficienza tenuto conto che gondolieri e motoscafisti sono a numero chiuso e le liste di attesa per accedere alla professione sono eterne; camerieri, personale delle pulizie e consimili non possono aumentare a dismisura perché le strutture alberghiere sono quello che sono; falegnami, decoratori, vetrai e affini sono utili ma non si possono certo creare migliaia di botteghe artigianali; i coltivatori diretti che si occupino di prelibatezze locali devono fare i conti con i pochi spazi coltivabili; le guide turistiche sono anch’esse soggette a licenza e sempre più spesso comunque vengono sostituite dagli accompagnatori delle comitive.
Ragionandoci su è possibile quindi creare le decine di migliaia di posti di lavoro necessari a rendere appetibile la residenza in città? Temo proprio di no, neppure Renzi e Berlusconi con le loro promesse di milioni e milioni di nuovi posti di lavoro ci scommetterebbero.

La colpa di tutto questo alla fine di chi è? Sostanzialmente dei Veneziani che hanno votato e sopportato per decenni giunte manovrate dalle lobby che hanno spolpato Venezia: Mose (ma funzionerà?), Calatrava (la vicenda dell’ovovia resterà memorabile), piste ciclabili fatiscenti sul Ponte della Libertà, ex Ospedale al Mare tanto per citare qualcuna delle chicche più famose.
E dopo che per anni tutti hanno recitato il mantra “più turisti” ci stupiamo che Venezia scoppi.

E sorrido nuovamente di fronte all’improvvisa alzata di scudi contro le affittanze turistiche autorizzate. Ovvio che se giunte e lobby hanno spinto in quella direzione anche i piccoli, e sottolineo piccoli, proprietari abbiano cercato di entrare nel business, se non altro per tentare di recuperare i costi spropositati di gestione di una casa in centro a Venezia. Ovvio anche che questa microeconomia diffusa infastidisca alcune categorie che la considerano concorrente. E d’altra parte non si tiene conto che anche le locazioni producono lavoro indotto: dalle agenzie cui spesso sono affidati gli appartamenti, alle imprese di pulizie…

Esiste una soluzione? A questo punto temo proprio di no. La mancanza di una politica del lavoro seria che punti oltre che sul turismo anche sul terziario avanzato, l’assenza di attrattiva residenziale, i trasporti inadeguati, i centri sanitari irraggiungibili fanno di Venezia un luogo di passaggio, una grande rivendita di souvenir made in China, panini e chincaglieria di lusso. Venghino, venghino siore e siori…
Good Night Venezia.

 

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